lunedì 24 ottobre 2011

Scoperto un forte romano in Germania

Archeologi tedeschi hanno scoperto un nuovo accampamento romano sul fiume Lippe, nei pressi della cittadina di Olfen, circa 30 km a nord di Dortmund.

Il nuovo ritrovamento colma una lacuna nella sequenza di forti romani lungo questo fiume, che costituiva una sorta di frontiera dell'impero; gli archeologi cercavano da tempo l'esatta collocazione di questo campo da un centinaio di anni. Gli altri campi scoperti erano a Holsterhausen, Haltern, Oberaden e Anreppen

Adrian Murdoch, «Roman military camp at Olfen on the Lippe», Bread and Circuses, 23 ottobre 2011; «Römerlager im Kreis Coesfeld entdeckt», Die Glocke, 24 ottobre 2011; «"Jahrhundertfund": Forscher entdecken Römerlager an der Lippe», Neue Westfälische, 22 ottobre 2011.

giovedì 6 ottobre 2011

Roma, scoperte le stalle delle fazioni del Circo Massimo

Vista dello scavo
Durante i lavori per un parcheggio a via Giulia, a Roma, sono stati ritrovati dei resti che gli archeologi hanno ricondotto agli stabula delle fazioni del Circo Massimo. In queste strutture, risalenti dall'epoca di Augusto, erano ricoverati i cavalli delle quattro fazioni del Circo: Albata (bianchi), Russata (rossi), Veneta (azzurri) e Prasina (verdi).

Durante gli scavi sono stati ritrovati due complessi. Il primo, identificato con gli stabula, è di notevoli dimensioni ed è composto da «imponenti sostruzioni con archi di travertino tamponati in opera reticolata»; una serie di muri paralleli, suddividevano l'interno in ambienti in cui trovavano ricovero gli animali disposti in file parallele.

Più vicino al Tevere, nei pressi di largo Perosi, è stata scoperta una strada lastricata con accesso su di un impianto termale (balneum), i cui ambienti erano decorati con mosaici pavimentali in bianco e nero.

La zona dello scavo
Nella loro forma originaria gli stabula di via Giulia risalgono all'età augustea, e sono stati messi in relazione con l'attività edilizia di Marco Vipsanio Agrippa; generale e genero di Augusto, ad Agrippa l'imperatore affidò anche l'organizzazione dei ludi saeculares, celebrati nel 17 a.C., durante i quali furono organizzate delle corse di carri. Successivamente gli stabula furono sottoposti a modifiche e riadattamenti, e restarono in uso almeno fino al IV secolo.

L'importanza del ritrovamento è molteplice. Da una parte contribuisce alla ricostruzione della topografia di Roma antica; dall'altra costituisce il primo esempio di stabula di grandi dimensioni, al di là di quelli pertinenti ai campi militari o all'iconografia; infine, l'enorme numero di epigrafi dedicate agli aurighi vincitori e ai loro cavalli potrebbe gettare luce sull'organizzazione delle fazioni circensi e sul loro potere.

«Diario dello scavo archeologico - Settembre 2011», Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma. Laura Serloni, «Stop al parking, sotto via Giulia le scuderie di Augusto», laRepubblica, edizione di Roma, p. ix; citato in Martin G. Conde, «LA SCOPERTA Stop alla costruzione del parcheggio sotto via Giulia le scuderie di Augusto. Durante gli scavi torna alla luce lo “stabulum”. Gli archeologi: la area va protetta. La Repubblica (05/10/2011), p. 9.», Rome – The Imperial Fora (1995-2011), 5 ottobre 2011.

sabato 1 ottobre 2011

È la più antica iscrizione cristiana del mondo. Ed è valentiniana con elementi pagani

La più antica iscrizione cristiana è datata alla metà del II secolo e fu composta in onore di un defunto cristiano, seguace del teologo Valentino, con uno stile reminiscente della poesia funeraria ellenistica.

L'iscrizione, NCE 156, fu scoperta a Tor Fiscale nel 1953, ed è ora ai Musei Capitolini. Composta in lingua greca, la sua traduzione è la seguente:
Al mio bagno, i fratelli della camera nuziale portano le torce,
[qui] nelle nostre sale, anelano ai [veri] banchetti,
anche mentre lodano il Padre e glorificano il Figlio.
Lì [col Padre e il Figlio] è l'unica fonte e sorgente di verità.
Secondo Gregory Snyder, si tratta di un epigramma funerario per un cristiano valentiniano, piuttosto che un'iscrizione battesimale, e risale al II secolo. Si tratterebbe dunque della più antica iscrizione cristiana, più antica del Cippo di Abercio.

La datazione al II secolo fu in realtà proposta già dalla rinomata epigrafista Margherita Guarducci, sulla base dell'uso nell'iscrizione di lettere greche di stile classico; a Roma, infatti, a partire dal III secolo, l'alfabeto greco iniziò a mutare, con le omega ('Ω') incise come fossero 'W' e le sigma ('Σ') somiglianti alla lettera 'C'. Il contributo di Snyder è stato quello di confermare la datazione all'epoca antoniniana dell'iscrizione attraverso un'analisi dell'uso delle lettere greche classiche nelle iscrizioni romane e napoletane dei primi secoli.

Il contenuto dell'iscrizione suggerisce che il defunto fosse un seguace del pensatore cristiano di scuola gnostica Valentino, il quale operò a Roma per circa un ventennio alla metà del II secolo; il fatto che l'iscrizione sia stata trovata non lontana dalla Via Latina suggerisce che la comunità valentiniana di Roma vivesse in quell'area.

Gli insegnamenti di Valentino sono contenuti, secondo molti studiosi, nel Vangelo secondo Filippo. Si tratta di un testo del III secolo ritrovato a Nag Hammadi, che raccoglie diversi testi, alcuni risalenti al II secolo, che trattano cripticamente degli insegnamenti di Valentino e della sua scuola. Alla fine del vangelo, ad esempio, si cita la «camera nuziale», cui fa riferimento l'iscrizione:
I misteri della verità sono rivelati, attraverso tipo e immagine. La camera nuziale, invece, resta nascosta. Essa è il Santo nel Santo. Il velo nascose inizialmente il modo in cui Dio controllò la creazione, ma quando il velo sarà rotto e le cose all'interno rivelate, questa casa sarà lasciata nella desolazione, o piuttosto sarà distrutta. E l'intera divinità (inferiore) fuggirà da qui, ma non nei santi dei santi, poiché non sarà in grado di mescolarsi con la luce non mescolata e la pienezza senza macchia, ma sarà sotto le ali della croce e sotto le sue braccia...
Il secondo contributo dell'articolo di Snyder è stato quello di collegare questo epigramma funebre cristiano con la letteratura pagana ellenistica. In un'iscrizione funebre ellenistica, infatti, il matrimonio poteva essere una metafora della morte: la defunta, per esempio, era raffigurata come rapita alla vita e obbligata al matrimonio con Ade, il dio dell'oltretomba. Nel caso dell'iscrizione cristiana, invece, la celebrazione nuziale è una metafora positiva della vita dopo la morte, la promessa di un'unione con la divinità che completa la vita del defunto.

Snyder sottolinea anche che la commistione di elementi cristiani e pagani non è affatto rara, nei primi secoli: al fianco delle iconografie bibliche, come Sansone o Lazzaro, vi sono divinità pagane come Ercole. In altre parole, è come se nei primi secoli, l'identità cristiana non fosse pienamente separata da quella pagana, ma che vi fosse una fusione di immagini; Snyder si chiede se questa fusione iconografica corrispondesse ad una fusione religiosa.

Owen Jarus, «World's earliest surviving Christian inscription identified», CBS News, 30 settembre 2011.

martedì 27 settembre 2011

Google pubblica on-line i Manoscritti del Mar Morto

Google e l'Israel Museum hanno reso disponibili on-line le immagini dei Manoscritti del Mar Morto. Questi documenti ebraici, che comprendono i più antichi manoscritti biblici conservatisi, furono scritti nell'arco di tre secoli prima dell'era volgare, nascosti attorno all'anno 68 in cave naturali nei pressi di Qumran a causa della guerra giudaica e lì dimenticati, per poi essere riscoperti casualmente alla metà del XX secolo.

Il sito The Digital Dead Sea Scrolls permette oggi agli studiosi e ai profani di consultare liberamente i manoscritti in possesso dell'Israel Museum. I documenti sono disponibili in foto ad alta risoluzione (fino a 1200 megapixel), con la possibilità di ricerca nel testo; per coloro che non conoscono l'ebraico è anche disponibile la traduzione in inglese dei testi biblici, con in parallelo la versione masoretica (quella standard delle nostre bibbie).


L'importanza di questa pubblicazione può essere meglio apprezzata sapendo che, a partire dalla loro scoperta nel 1949, i manoscritti sono stati disponibili solo dietro stretto controllo dei loro curatori, sia per garantirne la conservazione (sono ovviamente molto fragili), sia a causa di rivalità - tra Israele e la Giordania per il loro possesso, e tra cristiani ed ebrei e persino tra ebrei di correnti diverse.

Un riepilogo della storia del controllo dei Manoscritti è disponibile nell'articolo «Suppression of Dead Sea Scrolls, anti-hacker mentality have more in common than you think», di Kevin Fogarty.

«From the desert to the web: bringing the Dead Sea Scrolls online», Official Google Blog, 26 settembre 2011.

mercoledì 21 settembre 2011

Nuovi dettagli sull'inedito vangelo P. Oxy. 5072

Avevo accennato tempo fa all'annuncio della scoperta del frammento di un nuovo vangelo, conservato in un frammento papiraceo del III secolo (P. Oxy. 5072). Ecco alcune novità a riguardo, riportate da Brent Landau su di una relazione di Dirck Obbink.


L'esorcismo senza maiali
Il frammento contiene la narrazione di un miracolo di Gesù molto simile a quello dell'indemoniato del paese dei Geraseni (Marco 5,1-20; Matteo 8,28-34; Luca 8,26-39). A differenza della narrazione sinottica, però, in questo vangelo Gesù non manda i demoni dentro un branco di maiali lì vicino.

Elenco di logia
Sull'altro lato del papiro ci sono una serie di logia (detti di Gesù) che assomigliano a quelli contenuti nei sinottici e nel Vangelo di Tommaso, ma che non sono identici a questi. La caratteristica peculiare di questo nuovo vangelo sarebbe quella di mischiare narrazione dei miracoli di Gesù ed elenco dei suoi logia, ma con molto meno materiale di transizione tra un tipo di testo e l'altro rispetto ai vangeli sinottici.

Nuovo frammento marciano
Nella stessa occasione è stato annunciato il ritrovamento di un nuovo frammento papiraceo del Vangelo secondo Marco. Risalente probabilmente al III secolo, era probabilmente conservato all'interno di un amuleto, e contiene l'inizio del vangelo.
Come molti altri testimoni importanti, manca della frase "Figlio di Dio" dopo "Inizio del vangelo di Gesù Cristo". Ma, a differenza di tutti gli altri manoscritti, ha l'articolo definitivo "tou" prima di "Christou".

Fonte: Tony Chartrand-Burke, «New Unknown Gospel from Oxyrhynchus», Apocryphicity, 19 settembre 2011.

Finanziato il progetto per la ricostruzione di un forte romano

Roman Tours, un'organizzazione educativa britannica, ha ricevuto un finanziamento da Barklays per la ricostruzione di un forte romano.

Il progetto di Roman Tours, intitolato The Roman Fort Project, è finalizzato alla
ricostruzione un forte da marcia di 2,5 acri nel Cheshire, destinato ad essere usato come centro educativo per bambini e per la comunità locale.
Il terreno ove sorgerà il forte è stato donato dall'Università di Chester, che fornirà anche sostegno alla realizzazione del forte.

In bocca al lupo a Roman Tours per questo progetto!

Un prototipo del forte da marcia

sabato 20 agosto 2011

Papyrus Oxyrhynchus 5072, un nuovo vangelo? + Ancientlives.org, la decifrazione dei papiri collaborativa

Il blog Zetesis segnala la presentazione al pubblico del Papyrus Oxyrhynchus 5072.

Si tratta di un frammento di codice papiraceo risalente al III secolo, contenente un brano in cui Gesù esorcizza un demone e che potrebbe far parte di un vangelo precedentemente sconosciuto.

Una trascrizione è resa disponibile qui.


La pubblicazione di questo papiro è stata sfruttata per annunciare la creazione del progetto Ancient LivesAncientLives.org, grazie al quale chiunque può dare una mano a trascrivere i Papiri di Ossirinco, una imponente collezione di frammenti papiracei provenienti dalla città egiziana di Ossirinco, che sono stati già scoperti e recuperati ma che non sono ancora stati tutti trascritti.

«Public to hunt for lost gospels, literature & letters», University of Oxford, 26 luglio 2011; «P. Oxy 5072», Zetesis, 20 agosto 2011.

domenica 26 giugno 2011

Il gladiatore che morì per un errore arbitrale

«Il fato e lo scaltro tradimento dell'arbitro mi uccisero»

Questo enigmatico epitaffio si trova sulla lapide funebre di Diodoro, un gladiatore romano del II secolo, che raffigura la scena centrale che portò alla morte di Diodoro: il defunto è raffigurato in piedi, a sinistra, mentre brandisce due corte spade; a destra, per terra, è il suo avversario Demetrio, che leva il braccio chiedendo di essere risparmiato.

La lapide, conservata al Reale Museo di Arte e Storia a Brussels
Gli indizi

La lapide fu trovata ad Amisus in Asia Minore (la moderna Samsun in Turchia) all'inizio del XX secolo, e donata al Musee du Cinquanternaire di Brussels subito prima della Grande Guerra. Fu eretta in onore di Diodoro, un gladiatore proveniente da Amisus, dai suoi amici o tifosi.

Oltre alla raffigurazione del gladiatore con le due spade e di quello a terra che chiede pietà, la lapide reca un'iscrizione in greco, in cui è cripticamente raccontato lo scontro:
Dopo aver sconfitto il mio avversario Demetrio non lo uccisi immediatamente. Il fato e lo scaltro tradimento del summa rudis mi uccisero.
Per comprendere l'epitaffio, Michael Carter, professore alla Brock University a St. Catharines, Canada, ha dovuto prendere in considerazione diversi elementi.

Innanzitutto il riferimento al summa rudis, una sorta di arbitro del combattimento, che poteva aver avuto esperienze precedenti nell'arena. Non era presente in tutti i combattimenti, ma l'esistenza di questa figura conferma che i combattimenti gladiatorii erano soggetti ad alcune regole, la cosiddetta lex pugnandi, che però sono praticamente sconosciute.

Ad esempio, un gladiatore atterrato dall'avversario aveva perso lo scontro; poteva chiedere la missio, la grazia, al summa rudis, che poi la riportava al munerarius, colui che finanziava i giochi, il quale tipicamente la concedeva o la negava in base all'umore del pubblico. Se invece l'atterramento fosse stato fortuito e non causato dal gladiatore avversario, il summa rudis poteva intervenire per permettere al gladiatore atterrato di rialzarsi e riprendere a combattere.

La ricostruzione

Secondo Carter, che è specializzato nello studio dei giochi gladiatorii, è probabile che durante lo scontro Diodoro avesse atterrato Demetrio e lo avesse disarmato; vedendo Demetrio chiedere la grazia, sarebbe arretrato, convinto di essere nominato vincitore dello scontro. Ed è questa la scena raffigurata sulla lapide e a cui fa riferimento la prima parte dell'epitaffio: «Dopo aver sconfitto il mio avversario Demetrio non lo uccisi immediatamente».

Ciò che accadde fu probabilmente l'intervento del summa rudis a ribaltare l'esito dello scontro, forse perché considerò fortuita la caduta di Demetrio, o per qualche altro motivo. Diodoro si trovò di nuovo a dover combattere contro il suo avversario, e questa volta ebbe la peggio, morendo sull'arena o successivamente a seguito delle ferite riportate.

I suoi amici e sostenitori, tra le migliaia verosimilmente assiepati sugli spalti, eressero questo epitaffio a ricordo dell'errore arbitrale che costò la vita al loro campione.

Owen Jarus, «Roman Gladiator's Gravestone Describes Fatal Foul», LiveScience, 17 giugno 2011; Antonio Lombatti, «Roman gladiator’s gravestone reveals fatal foul», 26 giugno 2011. L'articolo di Michael Carter «Blown Call? Diodorus and the Treacherous Summa Rudis» sarà pubblicato su Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik.

giovedì 2 giugno 2011

Una vasca per il pesce vivo nel relitto romano di Grado?

Tubatura in piombo della nave
Secondo Carlo Beltrame, archeologo dell'Università Ca' Foscari, un relitto romano conservato al Museo di archeologia subacquea di Grado dimostrerebbe che i Romani erano in grado di trasportare il pesce vivo da una parte del Mediterraneo all'altra, conservandole in vasche contenenti acqua di mare.

In un articolo pubblicato sulla rivista International Journal of Nautical Archaeology (Beltrame, C., Gaddi, D.& Parizzi, S. Int. J. Naut. Archaeol. doi:10.1111/j.1095-9270.2011.00317.x (2011)) Beltrame e i suoi collaboratori ricostruiscono un sistema di pompaggio dell'acqua marina ossigenata che metteva in comunicazione lo scafo della nave, perforato allo scopo, con alcune vasche contenenti il pesce vivo.